mercoledì 26 settembre 2012

Venezia.

Non riuscivo a pensare, quella mattina, e camminavo per inerzia spinta dal vento, nelle gambe una lentezza inedita. L'udito attutito, il mal di gola, il senso di nausea erano le uniche testimonianze di una serata iniziata e finita male, serata che altrimenti avrebbe potuto benissimo appartenere ad un'altra esistenza, circondata da buchi neri e abissi della memoria. Il tutto rendeva il proferire parola un'impresa titanica. Anche i miei compagni stavano in silenzio: non c'era molto da dire. Il cielo delle undici di mattina era scuro e si preparava a scatenare un'apocalisse inutile, uno spreco di energie e di ombrelli di plastica usa e getta. Cosa ci eravamo venuti a fare a Venezia? Le previsioni meteo dicevano che il tempo sarebbe stato bello, invece le mie scarpe di tela bucate non riuscivano ad impedire ai miei piedi di congelarsi. Non mi e' mai piaciuta, poi, Venezia. Chi cazzo ha avuto la malsana idea di passarci quella domenica? Intanto un nuovo amore stava per nascere in me, ma mentre fioriva lo guardavo già con nostalgia, con distacco, come se avesse smesso di appartenermi prima ancora di venire alla luce; un amore tutto vituperato e strattonato, perforato dall'insicurezza e cucito senza esperienza da consolazioni a poco prezzo. Un aborto. Dove sono i veneziani, dove si nascondono, tra queste masse di asiatici dalle macchine fotografiche lunghe due metri e dal tono di voce nasale che definir fastidioso sarebbe un eufemismo. Un feto esanime, un fiore morto nel mio stomaco. O forse era solo il Martini scaduto del giorno prima che fermentava nelle mie viscere, già affollate da questioni di dubbia e inutile risoluzione, come quanto debba durare un abbraccio perchè possa essere ricordato o come evitare di rispondere non so ad ogni domanda impegnativa.
Venezia era una città triste e l'unica cosa che avrei voluto, allora, era andare a casa, gettarmi sul letto e non alzarmi per una settimana.

giovedì 6 settembre 2012

Sono un tipo particolare.

Voglio andare a studiare all'estero. Leggo l'Internazionale. Sono vegetariano. Cito Pasolini appena ne ho l'occasione. Una casa editrice indipendente sta per pubblicare le mie poesie. Non guardo i reality show anzi non guardo proprio la televisione. Non ho la televisione ma guardo i programmi che m'interessano online. La Rai non fa servizio pubblico. Non sopporto Fazio ma i suoi ospiti sono sempre interessanti. La Littizzetto e' un genio. Guardo i film con il proiettore. Ho cancellato il mio account da facebook e ora ho millemila followers che seguono i miei millemila tweet al minuto. Su twitter seguo Umberto Eco, Gad Lerner e Francois Hollande. Mio nonno era un partigiano. Faccio volontariato alla mensa dei poveri. Le prossime elezioni si giocheranno in rete. Bevo solo birra artigianale. La domenica mattina faccio il brunch. Ho organizzato l'autogestione del mio liceo. A questa citta' serve un programma di edilizia popolare. A quel bigotto di Manzoni preferisco Leopardi. La mia bicicletta e' costruita artigianalmente. Fabio Volo non sa scrivere ma la Mazzantini e' una delle piu' grandi scrittrici italiane. Ho la tessera dell'Anteo. Ho tutte le tessere Arci da dieci anni a questa parte. Sabato sera sono andato ad un reading di poesie con accompagnamento elettroacustico. Non mi sono mai arreso alla fotografia digitale e uso la macchina fotografica a pellicola di mio zio. Ho comprato al mercatino dell'usato delle Clarks degli anni Settanta. Sono stanco della citta' e vorrei andare a vivere in campagna. Il Thailandese e' il mio cibo preferito. So a memoria il numero di telefono di Radio Popolare. Sono un social smoker. Intrattengo una corrispondenza epistolare con un mio ex compagno delle medie che e' andato ad abitare in Peru'. Indosso le Camper anche per giocare a pallone. Spinoza.it e' una delle piu' argute voci sarcastiche in Italia. L'agopuntura fa miracoli. Mentre i miei amici sciano io preferisco fare delle camminate in montagna da solo. Ho scritto la sceneggiatura di un cortometraggio.