mercoledì 23 ottobre 2013

Ricominciare da capo.

Il punto più alto di Milano (tolti i palazzoni di vetro che di tanto in tanto sbucano) fa fatica ad arrivare ai 50 metri. Mi piacerebbe dire che dall'alto si vede tutta la città, ma in giornate come queste (tutt'altro che rare) si distinguono appena le case popolari verso il Gallaratese e, dall'altra parte, quello splendore architettonico che è l'Iper Portello. Ecco, oggi è una di quelle giornate in cui se fossi stata bocciata potrei facilmente trovarmi a fare una corsa campestre all'Idroscalo. E a invidiare i miei compagni di classe curvi sugli appunti. Perchè le corse campestri le organizzano solo in giornate in cui la nebbia è quasi solida, quando sta per piovere, te lo senti proprio, ma finisce che non piove mai, e sulla linea di partenza le altre (con tanto di scritta in fronte tesserata Fidal) sgomitano e la frase chi me l'ha fatto fare si ripete come un mantra nella testa, tanto da acquistare la dignitosa autonomia di motivetto cantabile.
E oggi è una di quelle giornate lì, l'apocalisse è vicina e io vado a correre, perchè non mi viene in mente nient'altro da fare. Non c'è un'anima, devono essere tutti all'Idroscalo. Solo cani e accompagnatrici zitelle di cani intralciano l'andatura acciaccata.
Poi nel mio campo visivo compare questa coppia di quarantenni brutti e goffi, i pantaloni a coste sporchi di fango e le giacche a vento fino al ginocchio. Lei si piega per fare una foto a una foglia caduta a terra e gliela mostra soddisfatta, lui la abbraccia da dietro e le dà un bacio dietro l'orecchio, sempre in questo modo impacciato e fantozziano. Penso che forse è per loro quel periodo in cui anche le foglie colorate a terra hanno un che di romantico e dolce, quel periodo in cui anche un certo tipo di quarantenni possono illudersi di poter ricominciare da capo (ma cosa, poi?).
E sono usciti prima dall'ufficio per questa gita fuori porta. Lui le avrà fatto una proposta spiritosa, tipo "Oggi ti porto a raccogliere i funghi" e lei, trasognata, "Perchè non le conchiglie?".
Ma è solo un attimo, poi sono già dietro di me. Non riesco a capire se quello che sento sia un timido fremito di gioia o un buco nero di sofferenza.
Quando ripasso se ne sono già andati.

domenica 20 ottobre 2013

Princìpi di

Presente quelle persone che quando le incontri tempestano di domande il proprio interlocutore?
Ecco, io sono una di quelle persone. E il bello è che l'interesse che provo per le avventure sentimentali del monologante che siede di fronte a me, per le sue sbronze storiche, per i suoi aneddoti liceali, per il suo prof balbuziente di microeconomia, per il premio vinto dal suo amico scrittore, ecco, quell'interesse è praticamente pari a quello che provo di fronte all'estinzione dei panda o all'ultima dichiarazione della Carfagna. Nel mio intimo però, con una certa dose di masochismo, spero che l'entusiasmo del mio compare, la sua riserva di parole, non finisca mai, affinchè non si arrivi alla temutissima domanda: "E tu come stai?" o, ancora peggio, "Cosa mi racconti tu?".
Io, boh, la verità è che non ho mai niente da raccontare. O meglio, niente di così eclatante da meritare un racconto dettagliato. In effetti, anche i miei interlocutori potrebbero fare questo ragionamento, eppure non lo fanno. E meno male. C'è bisogno di persone che riempiano il silenzio.
Finisce che rispondo che sto bene, tutto regolare, e poi mi butto su qualche pettegolezzo.
A volte me la cavo intervenendo nel suddetto monologo con qualche commento sorpreso o sarcastico. Magari con qualche consiglio, una consolazione, un complimento. Funziona molto bene con i narcisi.
Potrei anche sembrare una persona socievole ed estroversa, basta che non mi facciano parlare per più di due minuti consecutivi.
In verità, ecco, credo di avere un principio di autismo.
Il sollievo che mi dà il restare di nuovo sola giustifica la fatica del colloquio. Talvolta serve che qualcuno mi ricordi quanto sia piacevole il chiudersi in se stessi.

E poi è piacevole anche quando neanche l'altro ha niente da raccontare. Ci si guarda negli occhi sorridendo o non ci si guarda proprio. Io la smetto con le domande. E mi sento a mio agio come se fossi sola, ma molto meglio.