venerdì 26 aprile 2013

Amatori.

E' un periodo in cui cerchi di incastrare i vari pezzi della tua vita e ne esce fuori un puzzle deforme, con pochi buchi e molte sovrapposizioni di bordi; il risultato è un manifesto del neo-astrattismo colorato a pennarelli scarichi. Vorresti avere il mio tempo, vorrei avere i tuoi problemi, di cui parlare con un certo maturo fatalismo; invece tra le mie carte ho solo un cinema, un seminario sui diritti delle donne, un parco soleggiato in cui disquisire su quanto si è in ansia per l'esame di giugno.
Non si può rinunciare a niente, comunque, nemmeno alla corsetta serale o al ritrovo in pizzeria con i compagni delle medie, nemmeno all'avvocato o alla dichiarazione dei redditi. Ogni tanto sono esclusa dal tuo disegno, ogni tanto m'incazzo ogni tanto no. E quando un amico mi offre una birra sei tu che ti incazzi. Silenzi. Allora mi chiami e dici che mi pensi, salvo poi, imbarazzato, pentirti subito del cedimento e concludere con un laconico ciao ci sentiamo domani baci. Ma domani chissà se risponderò o farò finta di non aver visto la chiamata, per poi chiamarti pensando di sottolineare che ero intenta a fare altro, prima, ma probabilmente tu avrai il cellulare spento e io passerò il pomeriggio a interrogarmi sul perchè tu avessi il cellulare spento. Il fatto è che mi sono gettata a capofitto in una stremante partita di scacchi, senza rendermi conto, nonostante le frustranti sconfitte contro mio fratello che hanno segnato la mia infanzia e che avrebbero dovuto ammonirmi a non inoltrarmi in quel campo, di non avere il carattere per competere. E neanche tu ce l'hai: un'agguerrita partita tra amatori, che si sventrerebbero pur di dimostrare la propria resistenza psicologica. Degli amatori, per l'appunto. Degli amanti.

domenica 7 aprile 2013

Le ragazze non piangono mai.

Ragazze salgono in cima alla montagnetta e scrivono sui muretti frasi indelebili che nel giro di qualche anno saranno lavate dalla pioggia, l'interminabile pioggia, e nessuno se ne ricorderà più. Parole di abbandono, sempre uguali da quando hanno tredici anni, perchè l'abbandono non cambia mai e loro sono sempre state abbandonate. E' un rito ormai. Eppure non piangeranno. Ameranno in silenzio, con una coraggiosa ostinazione, e poi smetteranno di farlo, senza tanti proclami o annunci pubblici.
Le ragazze non piangono mai perchè sanno che non c'è dolore con cui non si possa convivere: la disperazione si supera solo quando ci si abitua alla sua presenza subdola.
E quando sarà tempo di biciclette pitturate e corse sui cavalcavia, di vestiti a fiori, Clash, biblioteche e programmi d'esame, allora si accorgeranno che quel coinquilino doloroso, quel pensiero insistente, è ormai quasi un fratello, un elemento insostituibile, un'esperienza con cui confrontarsi in ogni momento della vita. Anche nella gioia, anche il 16 agosto sotto il sole spagnolo, anche quando un'altra persona le costringerà intere serate chiuse in camera a scrivere lettere d'amore. Il comitato degli abbandoni avrà sempre un posticino d'onore nel magma della materia cerebrale, con il compito di giudicare, supervisionare, paragonare. Le ragazze si lasceranno andare di nuovo, sbaglieranno, si illuderanno e saranno di nuovo abbandonate. E sarà la cosa migliore che potrebbe capitare.