domenica 17 febbraio 2013

Xenia.

Ho freddo.
Forse ho la febbre, ma non posso saperlo perchè il termometro è rotto.
Forse me l'hai passata tu, regalo di addio, o forse me la sto solo immaginando.
L'ultima botta di disperazione sembra sempre la più insuperabile, l'estrema forma di morte spirituale, invece ne arriva sempre un'altra in grado di mettere in discussione le sconfitte precedenti. Anche con la felicità vale lo stesso, ma non ci si fa caso. La felicità appare come un'astrazione il più delle volte.
Tu hai il cellulare spento e sei lontano, fa freddo, una raccolta di poesie nichiliste sta. annichilendo le mie ultime energie e io vorrei solo mettermi a letto, alle sette di sera, e svegliarmi domani, per guardare le cose con più distacco. Da domani si riparte da capo, si torna a combattere e a dare peso a cose che non ne hanno, ad organizzare il tempo con criteri diversi dagli orari del tuo bar.
Tutto ciò assomiglia terribilmente ad una fine. E' così scontato, per Dio.
Niente di grave hai detto. Hai ragione, tutto è relativo. In fondo non ho un cancro al polmone e mio fratello non si è suicidato sotto le rotaie del tram. In fondo non dovrei lamentarmi considerato che ogni tre secondi in qualche lontana parte del mondo muore un bambino e che anche nei paesi civilizzati ci sono persone che sono costrette a dormire sotto i ponti. Ok, ma chissenefrega. Anche questo è grave e per il momento è la cosa più grave che mi potesse succedere.
Sono gravi i ricordi random che m'impediscono di concentrarmi, così come quei sogni così confusi in cui compare sempre lo sguardo vigile di tuo padre. E' grave il disegno persecutorio che sta dietro tutto ciò. Ossessione. Non serve l'intelligenza, che tu sostieni io abbia a sufficienza, per capire. Non basta, anzi a volte è deleteria. Servirebbe quel cinismo che di tanto in tanto m'illudo di avere. O una cultura meno approfondita della Nouvelle Vogue francese.
E poi, poi davvero mi riprenderò. Tornerò ad affidarmi a qualche forma di dipendenza umana, l'unica in grado di tenermi in vita. Ma, lasciamelo dire, adesso per me tutto ciò ha il retrogusto della tragedia.

La primavera sbuca col suo passo di talpa.
Non ti sentirò più parlare di antibiotici
velenosi, del chiodo del tuo femore,
dei beni di fortuna che t'ha un occhiuto omissis
spennacchiati.

sabato 9 febbraio 2013

Magnolia.

Come in quel film in cui i due si amano e si rotolano, abbracciati sulla terra di quell'isola abbandonata, e ridono e lei ha dei capelli neri lunghissimi e poi da una nave sbarca una mandria inferocita di uomini in bombetta e frac che li divide e li allontana, tra le mura sporche della Roma imperiale. Si ritroveranno, alla fine, ma non sarà più lo stesso. Così ci divideranno e poi ci ritroveremo, ma non sarà più lo stesso. Saranno le incomprensioni, i rancori, i cellulari scarichi, le campagne elettorali, le microfrecciatine, le attese della metropolitana, i diciottesimi, le verifiche di fisica, gli scontrini, il raffreddore, gli amici invadenti ad allontanarci. Potremmo essere i principali soggetti di uno studio sull'incomunicabilità nella società contemporanea.
Allora ci diranno che non ci sono i presupposti perchè duri un giorno in più e noi, stanchi di combattere, ci arrenderemo. Ci convinceremo che non è mai stato amore. Rimarrà un quaderno rosso dalle pagine spesse, una poesia paternalista, un disco di Chet Baker, delle foto sfuocate in qualche città emiliana, delle pagine di diario scritte fitte in una calligrafia indecifrabile ai più. Un braccialetto, un crocifisso consacrato da esibire al collo. E ci ricorderemo solo dei baci, quelli che si assomigliano in tutte le relazioni. O di quella notte in cui mi avevi trattata male ed io ero partita, con in cuffia un cantautore barbuto e trasandato, per una fuga disperatamente solitaria in bicicletta, fino a perdermi nell'estrema periferia nord di Milano e, umiliata, a svegliarti dal sonno per farmi strada nella nebbia. O delle altre isterie, mancanze, scenate in mezzo alla strada.
Il resto saranno chiacchiere da bar con gli amici di sempre, quelli che quando incombe la tristezza ti offrono un doppio giro di Slalom e che sanno sempre illuderti che quello non sia un periodaccio, finchè ci sono i doppi giri di Slalom offerti dagli amici.
E' un periodaccio - mi dirai- e non voglio darti altro dolore. E' giusto che vada così -risponderò io-, aspettavo solo che tu avessi il coraggio di parlarmene. Così mentiremo entrambi, convinti di farci del bene a vicenda, annacquando la nostra anomalia in un finale simil-drammatico da fiction televisiva di serie B. Non ci chiariremo mai più, poi, perchè ce l'avevano detto tutti che sarebbe finita così e noi, in fondo, lo si presagiva anche quando non c'erano segnali che lo presagissero.

Quando succederà, per favore, mandatemi giù una pioggia di rane rigeneratrice, che riporti un po' di ordine nella surrealtà dell'esistenza. Come in quell'altro film.