domenica 20 ottobre 2013

Princìpi di

Presente quelle persone che quando le incontri tempestano di domande il proprio interlocutore?
Ecco, io sono una di quelle persone. E il bello è che l'interesse che provo per le avventure sentimentali del monologante che siede di fronte a me, per le sue sbronze storiche, per i suoi aneddoti liceali, per il suo prof balbuziente di microeconomia, per il premio vinto dal suo amico scrittore, ecco, quell'interesse è praticamente pari a quello che provo di fronte all'estinzione dei panda o all'ultima dichiarazione della Carfagna. Nel mio intimo però, con una certa dose di masochismo, spero che l'entusiasmo del mio compare, la sua riserva di parole, non finisca mai, affinchè non si arrivi alla temutissima domanda: "E tu come stai?" o, ancora peggio, "Cosa mi racconti tu?".
Io, boh, la verità è che non ho mai niente da raccontare. O meglio, niente di così eclatante da meritare un racconto dettagliato. In effetti, anche i miei interlocutori potrebbero fare questo ragionamento, eppure non lo fanno. E meno male. C'è bisogno di persone che riempiano il silenzio.
Finisce che rispondo che sto bene, tutto regolare, e poi mi butto su qualche pettegolezzo.
A volte me la cavo intervenendo nel suddetto monologo con qualche commento sorpreso o sarcastico. Magari con qualche consiglio, una consolazione, un complimento. Funziona molto bene con i narcisi.
Potrei anche sembrare una persona socievole ed estroversa, basta che non mi facciano parlare per più di due minuti consecutivi.
In verità, ecco, credo di avere un principio di autismo.
Il sollievo che mi dà il restare di nuovo sola giustifica la fatica del colloquio. Talvolta serve che qualcuno mi ricordi quanto sia piacevole il chiudersi in se stessi.

E poi è piacevole anche quando neanche l'altro ha niente da raccontare. Ci si guarda negli occhi sorridendo o non ci si guarda proprio. Io la smetto con le domande. E mi sento a mio agio come se fossi sola, ma molto meglio.

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