lunedì 7 maggio 2012

Ricordarti di andare a votare.

Stamattina ti ho chiamato per ricordarti di andare a votare.
La voce impastata suggeriva inequivocabilmente che ti eri appena svegliato, ma tu imperterrito continuavi a sostenere che eri sveglio già da un po': avevi già fatto una lavatrice e messo sul fuoco la moka.
Erano le nove e ti ho svegliato per ricordarti di andare a votare.
Sono dieci anni che non vado a votare, lo sai.
Questa volta potresti farlo, dico, è emozionante non trovi? Sapere che gran parte dei cittadini prima di andare a lavorare va in una scuola elementare, tra i cartelloni colorati i sottobanchi ripieni e tutto, a scegliere con una X. E poi attende con ansia febbrile le proiezioni attaccato alla radio. Davvero, dico, non è emozionante? L'odore delle urne, la giovialità degli scrutatori universitari. Riesci anche ad intascarti la matita se sei abbastanza scaltro.
Ridi. Non vai a votare per i soliti motivi, che sono sempre quelli; quelli di quest'estate seduti sul gradino in quella piazzetta vuota, con una birra in due. Quelli per cui la gran parte dei cittadini prima di andare a lavoro dorme e non frequenta scuole elementari.
Potresti farlo invece, come atto d'amore per la tua città: per la sopraelevata che dà sul porto, per la coda davanti all'acquario, per le focaccerie sul mare, le barche appoggiate ai moletti, il Pinelli, il bar aperto ad ogni ora dietro la stazione. E lo sai che io, a quel buco di culo della tua città, voglio bene più perchè ci sei tu che per la città stessa.
Hai ragione, ci vado a votare questa volta... Voto l'amico di Grillo.
Inutile, a questo punto, provare a convincerti a non andare a votare.
Del resto ti sono sempre piaciuti i venditori di certezze facili. Come me ad esempio.
Ti attacco in faccia irritata, come tutte le volte, negli ultimi mesi. La Vodafone ringrazia per l'ennesima telefonata chilometrica.

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