lunedì 23 settembre 2013

Va tutto bene.

Come vorrei venirti incontro alla stazione. Che prima ti aspetto con trepidazione, arrivo in anticipo al binario perchè per una volta non voglio arrivare tutta trafelata e sudata e magari il treno arriva in anticipo e non vorrei che tu non mi trovassi, invece è in ritardo e io non so come passare questi dieci minuti che mi separano da te, ho il giornale in mano ma non riesco a leggere, allora riguardo gli orari, poi faccio su e giù per la banchina e finisce che anche questa volta ti abbraccerò tutta sudata. Compro un ombrello, che può sempre piovere. E infine il treno arriva, ti vedo scendere e ti corro incontro (così, per sudare ancora un po' e non deludere le tue aspettative). Ed è davvero bello come pensavo venirti a prendere in stazione, niente a che vedere con il citofono, lo squillo, il clacson sotto casa.
E quindi, dicevo, vorrei venirti incontro alla stazione alle 10 di mattina, quando i pendolari sono già al lavoro da un pezzo e il gelo quello doloroso ha lasciato il posto a un freddo pungente e quasi piacevole, dolce. Un tè caldo che hai mal di gola, ti avvolgo la mia sciarpa, un abbraccio lungo fino a che mi fanno male le braccia e ti rimprovero, con quella stupida aria da finto-offesi che hanno certi animali baciati dalla felicità e che solo dei loro simili possono guardare con benevolenza.
Ti verrei incontro alla stazione con un paio di jeans nuovi e con quel solito paio di scarpe di cuoio che ho aspettato tutta l'estate per poter rimettere.
Un giorno di festa, le mani coperte dai guanti, il respiro faticoso, la pelle avvizzita. E poi quella voce interiore che accompagna ogni gesto, che copre ogni pensiero: va tutto bene, va tutto bene. Va tutto bene.

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