domenica 3 novembre 2013

Leggi un po' anche per me.

Era sul terrazzo e parlava animatamente al telefono.
F. era in cucina a sparecchiare, a lavare i piatti, a pulire i fornelli.
Una luce grigia filtrava dalle tende semi-chiuse. F. alzò il volume della radio per non sentire la conversazione che avveniva ad un corridoio di distanza da lei. Una triste e rassegnata rabbia si impadronì del suo stomaco.
Finiva sempre così, pensava F. Finiva che passavano l'intera settimana a programmare quei weekend insieme, a fare la lista delle cose che avrebbero fatto, a immaginare i vestiti che avrebbero messo, e poi c'era sempre un impegno improvviso che sopravveniva.
C'era qualche pretesa del datore di lavoro, c'erano le liti familiari da sedare tempestivamente, il televisore da riparare, poi il sonno, la noia, l'indolenza. E poi c'era chissà cos'altro, che F. non conosceva...
Tornò in cucina. Devo scappare disse, torno tra poco. Le stampò un bacio sulla fronte e si piegò ad allacciarsi le scarpe.
Avevano dormito insieme quella notte, sotto lenzuola rosa e coperte calde; era stato bello come sempre. Si erano alzati giusto un paio di volte per un bicchiere d'acqua, non avevano sentito freddo e si erano svegliati dodici ore dopo, ristorati come bambini. Ora però, sembrava che quella sottile e quasi impercettibile gioia non fosse mai esistita. Mentre lui si infilava il cappotto, nel suo intimo F. sperava che per una volta cambiasse idea e rimanesse a casa con lei, sperava che intuisse la sua inquietudine. Era pronta a perdonargli la sua ennesima indelicatezza. Ma quello, figurarsi, quello da solo non si accorgeva mai di nulla.
L'ennesima delusione, poi quel rancore silenzioso, riscattato penosamente da ogni nuova promessa.
Aprendo la porta lui le sorrise con dolcezza e le sussurrò in un orecchio leggi un po' anche per me questo pomeriggio!

Nessun commento:

Posta un commento