martedì 6 marzo 2012

Bulimia.

Chissà dove vanno a finire gli odori acri della pioggia e le felicità gratuite distribuite in un giovedì festivo che sembra maggio. Sulla luna, dice qualcuno, o tra gli scatoloni di ricordi dimenticati e consumati e di sensazioni sotto la pelle che si affievoliscono nell'indifferenza di un sonno confuso. Nel nostro Alzheimer precoce il passato si fa pallida cronaca e il futuro è solo un oggi più precario. Delle corse notturne tra le buche del parco per strappare una fatica sprecata e compiaciuta, dello stupore infantile alla vista dei tetti coperti di neve, dello scioglimento di questa a furia di soffiarci sopra parole; cosa ricorderemo? Non è che un inutile sfoggio di bellezza, di sfumature, di cui rimarrà solo qualche verso sterile, qualche foto a bassa risoluzione, qualche dipinto che verrà male interpretato. Solo rappresentazioni che si sforzano di carpire lo sfuggente, solo un modo di ordinare la vita non vivendola ma guardandola scorrere dall'alto di un grattacielo. Quella moquette blu impregnata dell'odore del porto della camera d'albergo di Bordeaux, chi me la potrà dare indietro? E quelle mattine a muso duro in cui mi sentivo sicura di non poter reggere un'altra giornata? E ancora i pranzi in famiglia che sembravano interminabili, e invece poi terminavano, quando eravamo tutti troppo stanchi per urlarci ancora addosso? Niente tornerà più, di tutto questo, niente tornerà uguale. E continueremo ad accumulare sensazioni per la gioia o per il dolore di un istante, convinti che quello sia il più importante, l'istante definitivo; invece passerà anche quello e il nostro corpo verrà sottoposto ad altre percezioni, incapace di liberarsi dalla tirannia dell'istante.
Sensazioni ingurgitate continuamente e vomitate nell'incapacità di riviverle e assimilarle.

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